La vita

L'infanzia
C’era una volta un povero bambino di nome Giovanni, era nato in una piccola casetta posta vicino ad un ponte sul fiume Sarca ad Arco di Trento il 15 Gennaio 1858. La sua infanzia trascorse piena di difficoltà ed imprevisti. Un bel giorno quando aveva quattro anni e mezzo cadde in un canale e se non ci fosse stato il pronto intervento di un passante sarebbe certamente annegato. Ma le disavventure non erano ancora finite poiché a soli sette anni rimase prima senza mamma e poi senza papà, un povero bambino orfano in balia del destino. Giunto a Milano, ospite indesiderato di una sua parente si ritrovò abbandonato a se stesso. Egli vive la sua gioventù alla giornata tra cattive compagnie e piccoli furti al punto che un brutto giorno, a 12 anni, viene prima arrestato come vagabondo e poi imprigionato per alcuni anni nel riformatorio milanese dei Marchiondi dove frequentò la prima elementare e gli fu insegnato il mestiere di calzolaio. Ma la sua vocazione era la pittura poiché fin da piccolo si divertiva a disegnare con una certa bravura. 

Periodo Milanese
Il ragazzo si sentiva particolarmente attratto dalla pittura e consigliato da amici e conoscenti decise di frequentare a 17 anni le scuole artistiche all’Accademia milanese di Brera, dal 1875 al 1879. aveva solo 19 anni quando seppe attirare l’attenzione della critica grazie al dipinto "Il coro di Sant’Antonio". Conobbe in questo periodo Vittore Grubicy proprietario di una galleria d’arte contemporanea a Milano, il quale gli propose una collaborazione in cambio di un piccolo stipendio settimanale. Il miracolo era accaduto, il miserabile, l’orfano, l’abbandonato, l’analfabeta, il destinato ad essere ciabattino, il discolo rinchiuso nella prigione minorile… a 21 anni diventa uno dei pittori più importanti di Milano.

Periodo Brianzolo
Fin da giovane egli era stato attirato dalle bellezze naturali della Brianza: i laghi, i tramonti, i paesaggi delle verdi colline e la vita semplice degli abitanti impegnati nell’allevamento degli animali e nel lavoro dei campi lo avevano affascinato al punto da trasferirsi con la sua giovane sposa a Pusiano per trovare l’ispirazione giusta per dipingere i suoi quadri. A lui piaceva guardare la campagna brianzola e raccontarla sui suoi quadri. Per esempio un bel giorno entrando in una stalla vede una mamma con il suo bambino in braccio vicino ad una mucca con accovacciato un tenero vitellino e ne dipinge la scena. Un’altra volta mentre era in cortile osservava un pastore che tosava le pecore, ne rimase così colpito da farne un quadro. Ma l’opera più conosciuta, che ebbe perfino un premio internazionale, è quella dove è descritto un tramonto sul lago di Pusiano nel momento in cui un barcaiolo sta trasportano le pecore dalla sponda del paese verso l’altra località di fronte, Bosisio, e si sofferma al suono dell’Ave Maria. Ma Giovanni non rimaneva spesso fermo, a lui piaceva andare per la Brianza a cercare i suoi soggetti da immortalare sulla tela ed un bel giorno giunse perfino a Veduggio e dipinse il parroco del paese, sulle scale del sagrato, mentre si recava in chiesa per celebrare la prima messa. E mentre gli anni passavano la sua famiglia diventava sempre più numerosa. Nel 1882 nacque a Pusiano Gottardo, nel 1883 a Carella d’Eupilio Alberto, nel 1885 nasce Mario e nel 1886 l’unica figlia femmina di nome Bianca. Ed è in questo periodo che lascia anche Eupilio per salire verso la Vallassina fino a Caglio dove dipinge il mercato del bestiame che si faceva all’aperto legando le mucche ad una stanga in modo che i vari compratori potessero vederle bene e coglierne le singole qualità. Egli realizza così un’opera imponente con la tecnica divisionista, accostando i colori sulla tela, senza mischiarli, in modo che sia l’occhio a fonderli osservando a debita distanza, proprio come accade sullo schermo di un televisore a colori.

Periodo Svizzero
Ma il nostro pittore vagabondo non si accontenta dell’alta Brianza e vuole conoscere altri luoghi per dipingere nuove opere e decide di trasferirsi a Savognino, nel Cantone svizzero dei Grigioni, per una maggiore conoscenza ed approfondimento dello studio di luci e colori. Riceve premi e medaglie d’oro per le sue opere e l’esposizione fatta a Londra nel 1888 lo conferma ufficialmente come artista di fama internazionale.
I suoi soggetti sono di carattere naturalistico ed un vero omaggio alla vita dei contadini ed ai loro animali inseriti in un paesaggio luminoso.
Oppresso sempre più dai debiti, nonostante la fama in continua ascesa, Giovanni fu costretto nel 1894 a trasferirsi con tutta la famiglia a Maloja, in Engadina alta, un luogo affascinante e ricco di nuovi spunti per la sua pittura che ora entrava nella fase più matura.
Le accresciute ambizioni dell’artista lo portarono nel 1897 a progettare un gigantesco padiglione raffigurante il panorama dell’Engadina Alta per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900. L’operazione fallì per mancanza di fondi da parte dei finanziatori. Dal 1898 Segantini si dedicò al grande "Trittico della Natura", da esporsi a Parigi in sostituzione del precedente progetto. Salito a dipingere sul monte Shafberg l’appena quarantunenne artista vi trovò la morte per un grave attacco di peritonite (28 Settembre 1899). Il corpo fu sepolto due giorni dopo nel piccolo cimitero di Maloja.
Ma rimangono vivi per sempre i suoi quadri luminosi ricchi di colori e sentimenti splendidi testimoni di un pittore che amò la vita e la celebrò attraverso le sue tele.