Lo scrittore Raffaele Calzini nel suo libro: "Segantini, romanzo della montagna" descrive il pittore. Ecco una pagina del suo libro.

 CAPITOLO XXV

Se nei primi anni dell’ottanta provinciale uno di quei cittadini che si recavano a villeggiare nel Pian d’Erba avesse incontrato per i sentieri tra Corneno e Carella il nostro pittore, lo avrebbe scambiato per un mago. Portava quasi sempre un berretto da fantino, una larga giacca, calzoni corti da cacciatore; il viso si era abbronzato e la barba era rimasta incolta, le dense ciocche sfuggenti di sotto la testa del berretto gli davano un che di selvaggio; camminava quasi sempre solo, immerso in meditazioni dalle quali era difficile distoglierlo. Se il cittadino incuriosito avesse chiesto notizia di lui all’oste di San Rocco a Carella, celebre come tutti gli osti per essere bene informato e per non farsi troppo pregare a parlare del prossimo, avrebbe saputo poco di più:
- Un buon diavolo; ma diavolo. Qualchecosa come un pittore; ma un originale, veh! Un mezz-matt; se ne va tutto solo e di tanto in tanto fa con le mani una specie di cannocchiale e si ferma a contemplare un paese "e magari una pianta, una vacca". Pensate! Una vacca! Abita a Pusiano. Un giorno passava di qui, sedette a bere una gazosa. Stanco, poveretto, e sudato come un povero Cristo! Non aveva in tasca un centesimo, mi lasciò in pegno la sua sciarpa e volle che mi pagassi con quella. Si direbbe un brav’uomo. Ma perché non va in chiesa? Nemmeno per sposarsi deve esservi andato! Fortuna che ha per moglie una di Milano, bella e buona come una santa, attenta alla casa e al bambino. C’è un bambino. E le avanza sempre un po’ di tempo per aiutare quelli che ricorrono a lei. Vivono qui da molti mesi, è come fossero dei nostri in grazia di quella santa. E i contadini vanno dal pittore per farsi fare il ritratto. Qui mi permetto un’osservazione. È giusto che ci vadano proprio le ragazze? Il parroco sulle prime si era opposto.